Ryogoku, quartiere di Tokyo affacciato sul fiume Sumida, è la capitale del sumo. Se ci si sbriga, racconta Laura Imai Messina in “Tokyo tutto l’anno”, verso le 7 del mattino è possibile entrare nelle speciali residenze dei lottatori, le sumo-beya, per assistere agli allenamenti. Basta entrare in silenzio, non bere, non masticare, non fare foto col flash; questi uomini dai corpi immensi sono venerati come dei, è un privilegio vederli afferrarsi per il perizoma e far volare l’avversario come una busta di noccioline.
Nel cuore del quartiere, tra negozietti d i gadget a tema e statue dei campioni, c’è un grande edificio che pare un tempio ma è il Kokugikan, lo stadio del sumo. Affascinante sopra e anche sotto, dove entrano solo gli addetti ai lavori. Tecnici sportivi? Non proprio.
Nei sotterranei, le spiega a un certo punto suo marito Ryosuke, si estende la più grande azienda di yakitori dell’intero Giappone. “Resto senza